Tips & tricks……ingrassaggio frizione.

di Alessandro Ancarani

Ingrassare la frizione.
La cosa detta così farà rabbrividire ogni appassionato di meccanica automobilistica.
Uno dei dogmi principali della meccanica automobilistica è che la frizione deve rimanere rigorosamente pulita ed assolutamente libera da olio, grasso o qualsiasi altra sostanza lubrificante.
Pena lo slittamento della stessa e la sua rapida compromissione.
Ma oggi voglio affrontare un caso particolare.
Metto in moto la vettura spingo la frizione per partire e questa comincia a fare rumori strani, cigolii, rumori di rotolamento mai sentiti prima. A volte si presenta all’inizio della corsa, a volte dura anche a pedale premuto.

Cosa è successo?

E’ successo che il meccanismo di manovra della frizione e precisamente lo spingidisco, il cuscinetto ed il canotto del cuscinetto sono andati in crisi.
Magari non ci lasceranno a piedi subito, ma il pericolo incombe.
La soluzione ottimale sarebbe aprire il tutto e sostituire sia il cuscinetto ed, a questo punto, tutta la frizione.
Spesa non indifferente perchè aprire la frizione è operazione lunga e costosa, bisogna smontare alberi di trasmissione, riduttore e cambio.
Si può cercare di rimediare con cure palliative, che poi palliative tanto non sono, perchè si può posticipare, se si ha fortuna, lo smontaggio della frizione di parecchie decine di migliaia di chilometri.
Per cui via con l’operazione ingrassaggio della frizione.

Occorrente:

1) un pezzo di guaina da freno di bicicletta di circa 20-30 cm
2) qualche grammo di grasso solido
3) una confezione di grasso spray

Entriamo nel dettaglio.

La guaina di bicicletta va usata perchè sufficientemente rigida ma al tempo stesso elastica e sottile ottima per l’operazione. Una sorta di dito sottile e  manovrabile, adatto all’operazione.
Sul grasso bisogna puntare molto in alto, ottimali sono i grassi tipo Molikote BR2 Plus, Kluber Tribostar 2Mo o similari.
Devono essere grassi arricchiti con generose dosi di bisolfuro di molibdeno ed avere una stabilità ottima sia nel tempo che con temperature che possono arrivare attorno ai 150 gradi. L’unico inconveniente è che costano cari. Parecchie decine di euro al kg, ma è anche vero che con un kg di questi grassi si possono lubrificare molti componenti della vettura (crociere della trasmissione, omocinetico centrale ed omocinetici dei mozzi ruota e molti altri oggetti che una volta ingrassati rimarranno lubrificati per lunghissimo tempo). In pratica con un chilogrammo di questi grassi si mantiene la vettura per tutta la durata della sua vita.

Descizione della operazione.

Smontare l’attuatore idraulico della frizione(due bulloni).
Togliere dalla sua sede la protezione in gomma della forcella della frizione(attenzione ed usare delicatezza per non sfilare la forcella del cuscinetto perchè rimontarla è cosa fattibile ma noiosa).
A questo punto ci troviamo di fronte ad uno spettacolo.
Tirando leggermente verso avanti la forcella si possono osservare, con l’ausilio di una lampadina,uno spazio di circa 1 cm compreso tra il cuscinetto reggispinta e le molle a diaframma della frizione, il cuscinetto della frizione, la forcella del cuscinetto incastrato nel cuscinetto e la sfera dove è articolata la forcella.
A questo punto si prende la guaina da bicicletta e si intinge delicatamente nel grasso.
Poi si comincia a sfregare la superfice di contatto fra cuscinetto e molla spingidisco.
Agendo con calma ci si accorgerà che il cuscinetto gira, per cui riintingendo la guaina freno si può rivestire tutta la superficie di contatto con uno strato sottile di grasso.
Sempre usando la guaina da bicicletta si passerà ad ingrassare i punti di contatto tra la forcella ed il cuscinetto(sono due, uno sopra uno sotto al cuscinetto).
Per ultimo una generosa dose di grasso sulla sfera, fulcro dove si articola la forcella, ed il gioco è fatto.

Seconda parte.

Il grasso come quello sopra descritto è troppo denso per potere arrivare dentro al cuscinetto reggispinta.
Per questo bisogna usare il grasso spray.
Questo genere di grassi sono dei comuni grassi solidi dispersi e diluiti in sostanze molto volatili che al momento dello spruzzo sono molto fluidi ed in grado di penetrare anche dentro spazi molto stretti(anche a tolleranza zero). In seguito, evaporato il solvente, dopo pochi secondi, riacquistano la consistenza originale, permettendo di ingrassare e lubrificare posizioni di difficile accesso(come l’interno del cuscinetto reggispinta).
Questi spray sono in genere dotati di cannuccia per raggiungere spazi nascosti( e noi useremo tali cannucce).
Con la massima attenzione spruzzare il grasso nello spazio compreso tra il cuscinetto e la forcella cercando di far penetrare il grasso all’interno del cuscinetto. Premere poco sul pulsante della bomboletta. Dalla cannuccia non deve uscire un getto ma deve gocciolare lentamente e ripetutamente nello spazio sopradescritto. Una piccola erogazione, un po’ di attesa che il grasso coli dentro il cuscinetto, poi una altra erogazione. Insomma fare in modo che il cuscinetto, piano piano, goccia dopo goccia, si riempia di grasso.
Sul grasso da usare le scuole di pensiero sono diverse.
Essendo un cuscinetto volvente c’è chi dice che è meglio un grasso al litio, altri preferiscono un grasso al PTFE, altri al bisolfuro di molibdeno.
Ognuno si regoli come crede, unico punto importante e che appena erogato sia molto liquido(deve entrare nel cuscinetto) e quando asciutto sia abbastanza consistente(non deve colare fuori al cuscinetto). Fare a tal proposito qualche prova prima spruzzandolo su una superficie liscia verticale(un pezzo di vetro o di plastica). All’inizio deve colare velocemente, poi progressivamente deve rallentare fino a fermarsi e diventare una massa abbastanza solida.
A questo punto, prima di rimontare il tutto, con la guaina sporcare di grasso(Molikote o similari) anche il canotto dove scorre il cuscinetto reggispinta ed il gioco è fatto.
Rimontare la protezione in gomma, l’attuatore della frizione e siamo arrivati.
La frizione tornerà silenziosa e scorrevole come non mai.
Molto dipende però dalle condizioni iniziali del cuscinetto.
E’ chiaro che se il cuscinetto è distrutto anche ingrassato non potrà che fare pochi Km, ma se è allo stato di compromissione iniziale i Km residui di percorrenza possono essere ancora veramente tanti.
Per inciso questa operazione di ingrassaggio si può fare, con un po’ di impazzimento, ovvero salendo su un marciapiede o un sasso, anche per la strada o in campagna, permettendo, se le cose si mettono male, di riuscire a tornare a casa senza bisogno del carroattrezzi. Insomma riuscire a finire la giornata di gita senza dispiaceri. Che è meglio(come dice sempre Puffo Quattrocchi). Affermazione che mi trova perfettamente d’accordo.

Tips & tricks……ingrassaggi strani

di Alessandro Ancarani

La Niva è, notoriamente, una divoratrice di grasso, specialmente nelle crocere della trasmissione. Pochi però curano anche altri punti di ingrassaggio di rilevante importanza. Questi sono l’omocinetico tra scatola cambio e riduttore e gli omocinetici dei semiassi anteriori. Questi punti non sono menzionati i nessun manuale di uso e manutenzione ma un po’ di attenzione mette al riparo da guai futuri. L’omocinetico centrale fra cambio e riduttore, ad esempio, con il tempo tende a seccarsi ed a grippare con il risultato che all’improvviso, durante la marcia, si sentono rumori secchi sotto il pianale e le leve del bloccaggio e delle ridotte cominciano a vibrare vistosamente. Oltre al fastidio provocato dalle vibrazioni, veramente notevoli, queste sollecitano in maniera anomala la trasmissione con il rischio di rotture imprevedibili e costose.

Come si può fare?

Si fa così.

Andare in una ferramenta bene attrezzata e procurarsi uno spezzone lungo circa 50 cm di tubo di rame di 4 mm di diametro esterno. Da un normale ricambista per auto comprare anche un nipplo ingrassatore da 10 mm.Con un po di pazienza limare il fondo del nipplo fino a che spontaneamente la mollettina e la sferetta di tenuta escano dalla sede. A questo punto avremo un normale nipplo senza sferetta e mollettina. Controllare che il tubo di rame entri nella cavità del nipplo, se questo non succede ripassare il foro con una punta da 4 mm. A questo punto il tubo di rame entra perfettamente nella parte posteriore del nipplo. Non resta che saldare il tubo di rame al nipplo usando uno stagnatore piuttosto grosso oppure saldobrasarlo a ottone(il massimo sarebbe usare il castolin). Ora abbiamo un nipplo da ingrassaggio che si innesta perfettamente nella testina della pompa da grasso con una prolunga in rame da 4 mm che ci permette di raggiungere qualsiasi posto nella vettura sfruttando anche il fatto che il tubo di rame è molto malleabile e facilmente deformabile con poca fatica. Ci si posiziona sotto la vettura e si taglia la fascetta in metallo della cuffia dell’omocinetico centrale. Si sposta leggermente la protezione in plastica della cuffia. Con la punta della nostra prolunga si sposta leggermente la cuffia in gomma dell’omocinetico centrale e si pompa un po’ di grasso direttamente nell’omocinetico magari cercando di distribuirlo circolarmente. Si riposizionano la cuffia del’omocinetico, la sua protezione in plastica e si rimette la fascetta, che può essere una normale fascetta da omocinetico, ma, vista la posizione protetta, può andare bene anche una normale fascetta in naylon da elettricista(molto più facile da tagliare e togliere quando si ripete l’operazione). Alcuni fanno questa operazione usando direttamente la testina della pompa da grasso, ma questa spesso risulta di diametro troppo grosso e si rischia di sforzare la cuffietta in gomma dell’omocinetico centrale(che da sostituire è laboriosa perchè bisogna smontare il riduttore). Più o meno si fa per gli omocinetici sui semiassi anteriori. Si rimuove la fascetta metallica che stringe la cuffia esterna al semiasse(per intenderci quella piccola di diametro grosso modo di 2-3 cm) e che trattiene anche la protezione in plastica. Si sposta indietro la protezione in plastica e si infila la prolunga in rame tra il semiasse e la cuffia fino a toccare l’omocinetico. Essendo di diametro ridotto il rischio di sforzare a cuffia o peggio romperla è veramente minimo. 3-4 pompate di grasso(magari distribuendolo circolarmente sull’omocinetico), sfilare la prolunga, e rimontare la protezione in plastica. Anche in questo caso si può usare una fascetta metallica o in nylon. Per l’omocinetico interno del semiasse(quello attaccato al differenziale anteriore, per intenderci) la cosa è ancora più semplice non essendoci nemmeno la protezione in plastica. Se il grasso dovesse risulare eccessivo, prima di rimettere le fascette basta spremere con leggerezza la cuffia in gomma e fare fuoriuscire quello in eccesso garantendo così anche una sorta di ricambio del grasso.

Queste operazioni non sono riportate in nessun manuale ma un ingrassaggio di questo tipo fatto ogni 30-50.000 km allunga in maniera notevole la vita degli omocinetici.

Ricordarsi sempre di usare grasso al bisolfuro di molibdeno(quello nero specifico per omocinetici) e di buona qualità (Kluber, Molikote etc etc).

A parte l’impazzimento iniziale per costruire la prolunga tutta l’operazione di ingrassaggio richiede pochi minuti e garantisce tanti km in tranquillità e sicurezza.

Una variazione è quella di usare del tubo inox da 3 mm di diametro esterno, filettarlo ed avvitarlo nel nipplo da ingrassaggio, anche lui filettato. L’ho usata parecchie volte e devo dire che è magnifica. Il ridotto diametro rende veramente l’operazione semplicissima, peccato che tale prolunga mi sia stata carpita e sottratta con blandizie da un amico, ma conto di ricostruirla a breve, tempo permettendo(ovvero mai più).

Tips & tricks……spurgo freni e frizione.

di Alessandro Ancarani

Sullo spurgo freni e frizione si è scritto di tutto.
Ma volevo condividere una esperienza forse utile ad altre persone.
Ovvero:
COME SPURGARE I FRENI(FRIZIONE) DA SOLI IN 5 MINUTI CON 3 EURO(IN TOTO E NON ALLA VOLTA).
Andare in farmacia e comprare con 2 euro(o giù di li) un siringone da 50 cc(con fine corsa a 60 cc) meglio noto come schizzettone da lavaggio.
IMPORTANTE: NON DEVE AVERE L’ATTACCO LUER LOCK DA AGHI MA UN BECCUCCIO DI 3 CM DI LUNGHEZZA DIAMETRO CONICO DI 6-8 MM. (A puro titolo di esempio  http://www.gimaitaly.com/prodotti.asp?sku=23820&dept_selected=206&dept_id=206 )
Comprare dal ricambista 50 cm di tubo cavis 5X9 (tubo azzurro trasparente da benzina).
Riscaldare con un accendino un capo del tubo cavis ed infilarlo a forza sul beccuccio del siringone per circa 1 cm.
A questo punto infilare l’altro capo del tubo cavis sul pippolino dello spurgo(che essendo di circa 6 mm calza alla perfezione nel tubo da 5).
Allentare il pippolino dello spurgo e cominciare ad aspirare lentamente.
Poco prima che il siringone sia a fondo corsa chiudere lo spurgo.
Sfilare il tubetto dal pippolino e vuotare il siringone.
Rinfilare il tubo sul pippolino, riaprire e riprendere ad aspirare.
Smettere quando non escono più bolle d’aria che si vedono passare nel tubo trasparente.
Sembra una stupidaggine ma funziona a meraviglia.
SPIEGAZIONE TECNICA.
La chiave di volta del tutto è che il liquido freno è, detto in maniera semplicistica, non un olio(minerale o sintetico che dir si voglia) ma un glicole(sostanza vagamente simile all’alcool) quindi igroscopico a forte potere corrosivo perchè acido(vedi effetti sulla vernice).
La siringona essendo per uso medico è perfettamente compatibile con l’alcool (molto meno con l’olio, prodotti petroliferi e solventi organici in generale).
Per cui è anche perfettamente compatibile con l’olio freni(che è comunque idrosolubile appunto perchè simile all alcool).
Non solo, ma è perfettamente lavabile in acqua, cosa da fare dopo l’uso, operazione che mette al riparo oggetti verniciati o delicati dal contatto con liquidi freni residui nel siringone e nel tubo cavis quando si mette via.
Quindi usare il siringone, lavarlo e metterlo via.
Se con l’uso il pezzo di tubo che si innesta sul pippolino si dovesse rovinare, poca paura, basta tagliarne un mezzo cm e torna come nuovo, con un tubo di 50 cm è una operazione che si può fare decine e decine di volte.
Ad occhio e croce dura una vita.
Con una capienza di 50-60 cc rende soprattutto veloce (5-6-7 siringhe) il cambio totale del liquido freni, cosa che sarebbe assolutamente consigliabile fare ogni 2 anni o 40.000 Km.
Questo perchè il liquido freni è, come detto sopra, fortemente igroscopico e questa acqua che rimane nel liquido fa arrugginire i cilindretti in metallo come quelli dei freni con le conseguenze facilmente immaginabili.
Cambiate spesso l’olio freni e le pinze freno ringrazieranno con una lunga durata.

Tips & tricks……cilindretti freni, cilindretti frizione, pinze freni, etc

di Alessandro Ancarani

I cilindretti dei freni posteriori, il cilindretto della pompa frizione, il cilindretto dell’attuatore della frizione e le pinze freni anteriori con il tempo possono presentare rugginosità interna che alla fine ne compromette il regolare funzionamento(cilindretto che si blocca con conseguente malfunzionamento del sistema colpito).Questa ruggine è la conseguenza dell’umidità che viene trattenuta dal liquido freni/frizione(igroscopico) e che a contatto con le parti in acciaio dei componenti ne genera l’ossidazione.
La prima soluzione è montare componenti in alluminio al posto di quelli originali in ferro/ghisa. Questa soluzione non è del tutto priva di controindicazioni. Ciò è legato al fatto che se la parte esterna del componente è in alluminio spesso il pistoncino interno continua ad essere in acciaio. Per ovviare in maniera radicale al problema, la soluzione ottimale è smontare il cilindretto appena acquistato e prima di montarlo sul mezzo ungere senza economia sia la parte fissa che il pistoncino del cilindretto con grasso specifico per impianti frenanti. Questo tipo di grasso in apparenza assomiglia al normale grasso lubrificante al litio ma è in realtà un lubrificante appositamente prodotto per essere perfettamente compatibile con le gomme di tenuta e con il liquido freni/frizione di qualsiasi tipo fino al DOT 5.1. Il più conosciuto di questi grassi è il grasso ATE codice 03.9902-0501.2 Tubetto azzurro da 180 gr. ( http://www.ate-info.de/it/products/datasheet/ate-bremszylinder-paste-180-ml/ ) Costa una quindicina di euro il tubetto(!!!) ma va detto che ne va pochissimo e con un tubetto si tratta un discreto numero di cilindretti, in pratica con un tubetto ci si assicura il buon funzionamento dei cilindretti per tutta la vita della vettura. Lubrificati a dovere i cilindretti non si bloccano più garantendo una durata veramente lunga (non dico eterna per scaramanzia). Ovviamente non ha senso smontare i pezzi originali dalla vettura per ingrassarli ma quando si rende necessaria la sostituzione(evento purtroppo abbastanza frequente sulle NIVA, a volte poche migliaia di Kilometri)ricordarsi di ungerli prima di montarli.

Buon lavoro a tutti.

Oggi parliamo di….. canister(e relativo spurgo)

di Alessandro Ancarani

A volte succede che l’utente medio senta parlare di canister.
O dal meccanico, o da amici che hanno avuto problemi con il canister.
Ovviamente quasi nessuno ha conoscenza del canister ne tantomeno della sua funzione e funzionamento.
Vediamo di cosa si tratta e partiamo dalle origini.
Le vetture a ciclo Otto, come la Niva, sono alimentate con benzina.
La benzina ha la caratteristica fisica di avere un alto indice di evaporazione, già a 40-50 gradi circa la benzina comincia ad evaporare in maniera consistente.
Ma anche a 20 gradi l’evaporazione spontanea non è un fenomeno marginale.
E’ esperienza comune che la vespina messa in garage all’inizio dell’inverno e ripresa a primavera presenta un calo vistoso del livello del serbatoio anche se non è mai stata messa in moto.
La benzina cala perchè evapora lentamente.
Ma questa evaporazione ha anche degli aspetti positivi.
Nelle vetture a carburatore se la benzina non fosse così volatile non sarebbe miscelabile con l’aria con facilità.
Nelle vetture ad iniezione la benzina si miscela con l’aria anche se non vaporizzata a 1200 bar come avviene con il gasolio nei motori diesel common rail.
Ma questa benzina che evapora spontaneamente dal serbatoio(nelle vecchie 500 degli anni 60 è stato calcolato che il 15% della benzina si perdesse per evaporazione)non giova ne ai consumi ne all’ambiente.
Per ridurre questo spreco/inquinamento si è pensato di chiudere ermeticamente il serbatoio del carburante.
Questa soluzione non è ottimale.
In primo luogo perchè quando la pompa della benzina aspira il carburante, se questa aspirazione supera la capacita di evaporazione della benzina, provoca una pressione negativa all’interno del serbatoio che ostacola il normale deflusso verso il motore e provocherebbe il collasso del serbatoio e delle tubazioni.
Secondo perchè se la temperatura crescesse molto, come avviene in estate, la pressione diventerebbe pericolosamente elevata ed il carburante verrebbe letteralmente sparato verso il motore.
Come viene risolto il problema?
Semplice.
Il tappo del serbatoio, in realtà, è una valvola unidirezionale che permette l’entrata dell’aria senza fare uscire i vapori di benzina. Per cui anche aspirando benzina ad una velocità superiore della sua capacità di evaporazione non si crea mai una pressione negativa nel serbatoio.
I vapori in eccesso prodotti nel serbatoio vengono assorbiti nel canister.
Il canister è un contenitore ripieno di carbone attivo che assorbe i vapori della benzina.
Nel serbatoio, dunque, si formano vapori di benzina. Questi vengono separati dalla benzina liquida grazie ad un separatore che non è altro che un contenitore a forma di parallelepipedo collocato sula fiancata destra posteriore sotto la modanatura interna in plastica. Il tubo di ingresso, collegato al serbatoio della benzina, arriva alla base del parallelepipedo, l’uscita si trova alla sommità del parallelepipedo ed è collegato al canister. Se benzina allo stato liquido arriva al separatore questa non può proseguire perchè si deposita nel separatore stesso. Solo quando il separatore è pieno la benzina può raggiungere il canister, evento dannoso e distruttivo per lo stesso. Fatto peraltro che non avviene mai neanche in situazioni particolari come il ribaltamento della vettura; in questo caso il flusso di benzina liquida verso il canister viene interrotto da una valvola gravitazionale che si chiude quando la vettura si ribalta.
Per schemi:
serbatoio-> separatore vapori benzina-> Valvola gravitazionale-> valvola antiritorno-> canister.
Vediamo come funziona.
Nel serbatoio si formano vapori di benzina che separati dalla fase liquida arrivano al canister.
Nel canister i vapori vengono immagazinati in attesa di utilizzo.
Durante il ciclo normale di funzionamento del motore la centralina apre la valvola del canister ed i vapori possono essere bruciati nel motore.
Per potere essere gestito elettronicamente il canister possiede una valvola a controllo elettronico che viene azionata dalla centralina controllo motore.
Nelle Spi questa valvola si trova direttamente sul canister, nelle Mpi la valvola si trova sul collettore di aspirazione grosso modo vicino al cavo dell’accelleratore.
Un tubo arriva dal canister alla valvola ed un tubo parte dalla valvola ed arriva al corpo farfallato lato inferiore.
Funzionamento nel dettaglio.
La centralina apre la valvola se sono rispettate alcune condizioni. Prima fra tutte che la centralina sia in close loop, ovvero la caburazione sia controllata dalla sonda lambda prima del catalizzatore. Perchè il motore sia in close loop bisogna che sia caldo, che non sia in cut-off, che non sia in kick-down. Il perchè è semplice. Se il motore è freddo la centralina non attua nessun controllo della carburazione attraverso la sonda lambda, arricchisce la miscela aria/benzina(come se avesse il vecchio starter in funzione) per cui ulteriore apporto di carburante non farebbe che ingrassare troppo la miscela. Durante il cut-off(ovvero il rilascio, ovvero la marcia con la farfalla chiusa) la centralina è in open loop, inoltre si crea una depressione molto elevata nei condotti di aspirazione per cui verrebbe aspirata una grande quantità di vapori senza un corrispettivo volume di aria e il motore girerebbe grassissimo. Nei kick-down, sempre condizione di open loop, non c’è controllo della sonda, inoltre essendo la farfalla aperta non c’è depressione nel collettore di aspirazione e non verrebbe aspirata nessuna quantità di vapori. Per cui la centralina apre la valvola del canister, in genere, al minimo e nella marcia normale a regime costante quando è in close loop e la prima sonda lambda lavora al meglio.
Se la valvola del canister non si apre il motore gira leggermente magro per cui la vettura può presentare lievi seghettamenti a medi regimi ed irregolarità al minimo.
Ovviamente quando la centralina apre la valvola controlla anche l’andamento della sonda lambda(la prima) e riduce i tempi di iniezione in proporzione alla quantità di vapori che il motore aspira dal canister per evitare di girare con la carburazione troppo ricca. Molte vetture hanno un controllo crociato ed approfondito di questo apporto supplementare di carburante, ma la Niva, per nostra fortuna, non è così delicata e non attua nessun controllo approfondito del flusso dal canister o perlomeno il controllo non è così vincolante.
Diagnosi.
La centralina controlla solo la valvola che collega il canister al corpo farfallato. In teoria dovrebbe controllare la coerenza dei valori della sonda lambda alla apertura del canister ma se trova valori sballati ne prende atto e basta. Non sono previsti, nella tabella degli errori della Niva, codici che contemplino valori anomali della sonda lambda in funzione della fase di spurgo del canister. Invece, se avverte che la valvola funziona male o restituisce valori di impedenza errati o circuito aperto o in corto, accende la spia MIL con il codice P0443. Niente altro. In caso di errore P0443 è prioritario guardare la valvola del canister. Tubi chiusi , canister rotto etc etc non accendono la spia se non in casi estremamente rari ovvero quando i parametri sono veramente sballati.
Come controllare l’elettrovalvola.
L’ottimale sarebbe avere lo strumento NTS originale Lada.
Lo strumento prevede il comando per l’apertura forzata della valvola spurgo canister, per cui si da il comando di apertura e si vede se la miscela si arricchisce ovvero la sonda lambda precat restituisce valori sopra i 0.6 Volts.
Alternativamente, ed in maniera più casalinga, si può vedere con un tester da elettronica se al minimo arriva corrente allo spinotto della valvola dello spurgo canister. Altra prova è controllare, sempre con il tester, che tra i terminali della valvola ci sia una resistenza sopra i 20 Ohm(se fosse meno vorrebbe dire che il solenoide della valvola sarebbe in corto) ma inferiore ad 1 MOhm(che vorrebbe dire che il circuito è interrotto).  In pratica, che è poi quello che si fa la maggioranza delle volte, si sostituire la valvola, che nelle Mpi richiede non più di 5 minuti (ad essere lenti), e vedere se la spia si accende di nuovo. In genere, se la valvola è rotta, in non più di pochi minuti(a motore caldo diciamo una decina di minuti) si accende la spia.
In ogni caso una controllata ai tubi male non fa perchè comunque anche se lo spurgo canister non influenza in maniera drammatica la guidabilità della vettura avere dei vapori di benzina liberi per il cofano non è una bella cosa. Oltre al fatto che si butta via della benzina per niente.
Con quello che costa.
Buon lavoro a tutti.

Oggi parliamo di………raffreddamento(tappo del radiatore)

di Alessandro Ancarani

Il tappo del radiatore, questo sconosciuto.
Tutti, esperti o neofiti, prima o poi si trovano a confrontarsi con questo curioso aggeggio, se non altro perchè è comodamente accessibile anche per i più pigri che prima o poi lo aprono per vedere cosa c’è dentro.
Si trova sul radiatore e serve per mettere l’acqua nel sistema di raffreddamento.
SBAGLIATO.
E’ una cosa molto più complessa e cercheremo di capire perchè.
Il tappo del radiatore della NIVA non è un semplice tappo, come quello di una damigiana di vino, ma una valvola a due vie.
Partiamo dall’inizio.
Il sistema di raffreddamento della NIVA(come quello delle stragrande maggioranza delle altre vetture) deve avere al suo interno una pressione positiva.
Ovvero, detto in maniera semplice, deve essere in pressione.
Il perchè è semplice.
Il liquido di raffreddamento è una soluzione di acqua e antigelo che oltre una certa temperatura può iniziare a bollire e formare vapore che, abbiamo già visto, non raffredda più niente.
Come posso impedire che l’acqua bolla e faccia vapore?
Per prima cosa usare l’antigelo che inalza la temperatura di ebollizione.
Per secondo aumentare la pressione del sistema, ne più ne meno come una pentola a pressione.
E’ noto a tutte le massaie(ma anche ai massai maschi, non formalizziamoci) che la pentola a pressione permette di cuocere i cibi in tempi minori.
La spiegazione è semplice.
In una pentola normale al raggiungimento dei 100-110 gradi, se l’acqua è salata o ha altre sostanze in soluzione, l’acqua comincia ad evaporare producendo vapore. E la temperatura rimane costante su questi valori finchè tutto il liquido non è evaporato. In una pentola a pressione, essendo chiusa ermeticamente, la pressione provocata dall’evaporazione dell’acqua contrasta con il vapore che si sta formando. Il risultato è che la pressione aumenta, come la temperatura del liquido che può raggiungere i 130-140 gradi prima di iniziare a produrre di nuovo vapore. Il risultato è che i cibi a temperatura più elevata si cuociono prima. Altro fatto comunemente noto è che se vogliamo cuocere gli spaghetti in cima ad un monte, a 3000 metri, gli spaghetti non si cuociono mai.
Insomma la temperatura di ebollizione di un liquido è dipendente dalla pressione che viene esercitata sul liquido stesso.
Ma la pressione non può aumentare all’infinito pena l’esplosione del sistema(o della pentola che infatti ha dei sistemi preposti all’uopo per limitare l’eccesso di pressione)
Torniamo alla NIVA.
Il sistema di raffreddamento della NIVA(come la quasi totalità delle vetture) è un sistema in pressione.
Questo permette di raggiungere temperature di ebollizione più alte, specialmente se con la nostra NIVA affrontiamo un passo alpino a 2500 metri. Non solo ma la pressione influenza anche la capacità della pompa dell’acqua di cavitare ovvero(detto in maniera semplicistica) di formare bolle di gas, riducendo questo pericolo.
Ma la pressione del sistema non può crescere all’infinito pena lo scoppio dei manicotti e delle cartelle del radiatore.
Per cui aumentare la pressione ma non troppo.
Chi si occupa di questa mansione?
Il nostro amico tappo del radiatore.
Come è fatto il tappo del radiatore.
Il tappo del radiatore è, schematicamente, una porta che chiude lo scarico del sistema di raffreddamento.
Porta che è contrastata nella sua apertura da una molla, quella mollettina che si vede quando si ha il tappo fra le mani.
La pressione del sistema di raffreddamento dipende dal carico di questa molla. Quanto più la molla è dura quanto maggiore è la pressione del sistema.
Una volta che la pressione del sistema bilancia la compressione della molla questa fa passare il liquido nella vaschetta di espansione e la pressione rimane costante.
LA PRESSIONE DEL SISTEMA DI RAFFREDDAMENTO DELLA NIVA È COMPRESO FRA GLI 0,5 ED I 0,8 BAR.
Se la molla si rompe, si sfianca o la guarnizione che chiude il radiatore perde, la pressione del sistema cala ed aumenta il rischio di ebollizione specie in montagna o con poco antigelo nell’acqua, o tutte e due. A volte un motore che scalda o una guarnizione della testa bruciata dipende da un tappo del radiatore difettoso.
Se la molla, che all’interno ha una specie di tubetto telescopico che fa da guida, si blocca, la pressione aumenta in maniera incontrollata provocando lo scoppio dei manicotti in gomma e del radiatore(oltre a quello del riscaldamento interno). A volte i manicotti o le fascette dei medesimi che perdono vengono accusati ingiustamente di essere vecchi o crepati o stretti male, mentre è colpa del tappo del radiatore che è inchiodato.
Dopo che il motore viene fermato, però, il sistema si raffredda e la pressione di conseguenza cala ed anche di parecchio.
Se il tappo fosse semplicemente come quello descritto nel sistema si creerebbe una depressione che farebbe letteralmente collassare i tubi ed il radiatore.
E qui interviene ancora il tappo del radiatore che nella parte più interna ha una valvolina, concettualmente uguale alla guarnizione esterna del tappo ma rovesciata nel flusso, che si apre con la depressione e fa in modo che il liquido che è defluito nella vaschetta di espansione possa venire letteralmente risucchiato nel sistema di raffreddamento evitando che questi si collassi.
Quindi in sintesi:
il tappo del radiatore non è un semplice tappo ma è un valvola a due vie.
la parte esterna serve per mantenere costante la pressione del sistema di raffreddamento aprendosi attorno a valori compresi fra i 0.5 e 0.8 bar.
la parte interna serve a evitare fenomeni di depressione e richiamare il liquido finito nella vaschetta di espansione aprendosi a pressioni di 0.1-0.2 bar.
Diagnosi.
Modo superprofessionale.
Si applica un manometro, con scala da 0 a 1.6 bar, su un T montato su uno dei tubi che va al corpo farfallato(nelle Mpi e Spi)o su un tubo del riscaldamento nella 1600.
Si mette in moto il motore, si aspetta che partano le ventole e si legge la pressione.
Meno preciso, ma comunque indicativo, a motore caldo si aspetta che partano le ventole e indossando un guanto per non scottarsi si tasta il manicotto che dalla testa va alla parte superiore del radiatore. Al tatto deve risultare elastico e moderatamente comprimibile. Se risulta troppo morbido ed improntabile vuol dire che la guarnizione del tappo perde o la molla del tappo si è sfiancata o la valvolina interna di ritorno è rotta. Se il tubo risulta duro e poco improntabile vuol dire che la guida della molla è inchiodata ed il tappo non si apre bene. Se a motore freddo i tubi sono collassati, vuol dire che la valvolina interna di ritorno del tappo è inchiodata oppure otturata da ruggine o turafalle di pessima qualità.
Per la valvolina interna esiste anche un altro sistema empirico di diagnosi.
Mettere le labbra a O aperta(come davanti ad una emozione o uno stato di stupore manifesto).
Applicare le labbra alla corona esterna della guarnizione del tappo ed aspirare. Si dovrebbe, con poco sforzo, sentire entrare dell’aria in bocca.
Quali tappi usare.
Per la 1600 con radiatore in ottone il tappo standard è quello FIAT a molla corta da 0.5 BAR.
Per le 1700 con radiatore in alluminio e plastica il tappo standard è quello FIAT a molla lunga da 0.7 BAR.
Sono tappi facilmente reperibili dai ricambisti generici e (curiosità) anche presso i ricambisti agricoli essendo tappi in uso sui trattori FIAT e New-Holland.
Non è prevista nessuna sostituzione periodica.
Basta ogni tanto controllare la guarnizione in gomma che sia integra come la sua sede nel radiatore(specie se di ottone), tastare la molla che si comprima e scorra bene, aspirare con la bocca stupita come descritto sopra, controllare lo stato dei tubi come già detto.
Non lesinare sui ricambi e quindi che siano di certa provenienza.
Tappo del radiatore.
Ovvero “Sua Maestà Il Tappo Del Radiatore”.

Oggi parliamo di….. raffreddamento(liquido di)

di Alessandro Ancarani

 

I motori endotermici, come quello della Niva, bruciano carburante per produrre energia e lavoro.
Uno dei problemi principali è che questa trasformazione non è esente da perdite importanti di energia, energia termica che deve essere dissipata nell’atmosfera.
Per questa funzione c’è il sistema di raffreddamento.
Nella Niva(come nella stragrande maggioranza delle vetture) il sistema di raffreddamento è composto da un circuito riempito di liquido particolare, una pompa che lo fa circolare, un radiatore che scambia il calore del liquido con l’aria atmosferica e di un termostato che serve per mantenere la temperatura il più possibile costante.
Parliamo però ora solo del liquido di raffreddamento, che è una delle sostanze che normalmente viene maneggiata anche dall’utente comune, o non esperto, e che spesso non viene usato correttamente.
Il liquido di raffreddamento è una miscela di acqua e “antigelo”.
La prima funzione è ovvia.
Evitare che quando la temperatura dell’ambiente scende sotto i zero gradi l’acqua possa trasformarsi in ghiaccio.
Questo è un problema grave perchè l’acqua ha la curiosa proprietà di aumentare di volume nelle fasi iniziali della suo passaggio allo stato solido. Le pressioni esercitate dall’acqua che diventa ghiaccio sono enormi, in grado di rompere qualsiasi oggetto solido che la contenga. Se ciò dovesse succedere all’interno del circuito di raffreddamento del motore provocherebbe danni ingentissimi come la rottura del radiatore ma soprattutto del monoblocco e della testata rendendole inservibili e non più utilizzabili.
I costi di riparazione sono elevatissimi.
Le temperature di passaggio dell’acqua dallo stato liquido a quello solido sono però influenzate dalle sostanze che sono in soluzione o in sospensione. E’ di pubblico dominio la conoscenza che l’aggiunta di sale da cucina abbassa la temperatura di congelamento dell’acqua. Infatti nella stagione invernale il sale viene sparso sulla strada appunto per evitare la formazione di ghiaccio. Ma il sale da cucina è una sostanza troppo aggressiva, oltre che instabile, per essere utilizzata all’interno del circuito di raffreddamento.
Per questo si usa l’antigelo che è un liquido, nella maggioranza dei casi, a base di glicole etilenico.
Una soluzione al 50% di glicole etilenico puro ed acqua distillata ha un punto di congelamento di circa -50 C°.
I liquidi antigelo di uso commerciale sono miscele di glicole etilenico già in parte diluite che contengono anche sostanze lubrificanti, stabilizzanti, antimuffa, antiruggine, etc.
Spesso però l’antigelo viene usato, per scarsa conoscenza, in modo errato.
L’errore più frequente, e pericoloso per il motore, è quello che, per risparmiare, viene diluito molto, adducendo il motivo che le temperature alle nostre latitudini non sono proibitive.
Pochi considerano il fatto che l’antigelo inalza, anche in maniera importante, la temperatura di ebollizione dell’acqua. Molti antigelo in commercio, diluiti secondo prescrizione del fabbricante, inalzano la temperatura di ebollizione fino a 125 C°.
Per cui diluire secondo prescrizione l’antigelo mette al riparo dalla ebollizione del liquido di raffreddamento con tutte le nefaste conseguenze.
Una prestazione sofferta del motore, una tirata in autostrada, una salita affrontata con allegria, magari a pieno carico e, soprattutto, un percorso in fuoristrada con motore su di giri e bassa andatura,  rischia di mettere in crisi il liquido refrigerante con danni al motore.
La spiegazione è semplice. Quando l’acqua comincia a bollire crea delle sacche di vapore all’interno del circuito di raffreddamento. Per prima cosa la pompa dell’acqua è fatta, appunto, per pompare acqua e non vapore per cui se si riempie di vapore non pompa più niente. Inoltre è cosa abbastanza nota, anche se non a tutti, che un liquido ha una capacità maggiore di un gas(vapore) di assorbire e trasportare calore, per cui quando nella testata e nel monoblocco si forma del vapore il calore del motore non viene più asportato, la temperatura cresce ed il calore deforma i componenti portando a danni per il motore stesso, uno dei quali, il più frequente, è la lesione della guarnizione della testata. Ma non dimentichiamoci, anche se più rari, il bloccaggio dei pistoni nei cilindri(grippaggio)oltre al fatto che l’olio a temperature molto elevate perde la capacità lubrificante con quello che ne consegue.
Per cui è molto importante diluire secondo prescrizione l’antigelo che si compra cercando di mantenersi il più possibile verso la diluizione minore, o meglio, leggermente meno diluito di quanto prescritto. Se una confezione riporta la diluizione minima del 50%(ovvero metà acqua e metà antigelo) è meglio tenersi a 55% di antigelo e 45% di acqua. Paradossalmente hanno più bisogno di antigelo i motori che lavorano in climi caldi che quelli che stanno al freddo.
Al limite l’antigelo si dovrebbe usare maggiormente in Africa più che altrove. L’uso dell’antigelo puro, a volte riportato, non è sempre consigliabile. A parte il costo, in questo caso proibitivo, dell’ uso dell’antigelo puro, non va dimenticato che questi ha una densità abbastanza elevata cosa che può produrre, in certi casi(antigelo di scarsa qualità), fenomeni di cavitazione(formazione di bolle, detto in maniera semplicistica) che alla lunga può essere dannosa per una pompa centrifuga come quella della Niva e di molte altre vetture. Le piccole bolle di cavitazione hanno, sulle giranti, un effetto abrasivo come la sabbia, provocando nel tempo fenomeni di erosione oltre a generare microvibrazioni che danneggiano i cuscinetti del’alberino della girante.
Per cui non lesiniamo attenzione al liquido refrigerante. Diluiliamolo poco, usiamo liquidi di sicura provenienza, ricordiamo di controllarne spesso il livello e non dimentichiamo di sostituirlo almeno una volta ogni 4 anni o 60.000 Km perchè il liquido di raffreddamento tende a deteriorarsi con l’uso e con il tempo.
Con un minimo di attenzione al liquido di raffreddamento il motore ci ringrazierà facendoci percorrere molti Km tranquilli.

Oggi parliamo di…….Sonda lambda(la seconda)

di Alessandro Ancarani

L’utente medio conosce poco la sonda lambda prima del catalizzatore.
La considera una cosa ostile, sconosciuta, una diavoleria inventata per complicargli la vita e fargli spendere un sacco di soldi quando si rompe.
Sulla seconda lambda, quella post catalizzatore, ne sa ancora di meno e spesso regna il buio totale, l’ignoto assoluto.
Ed è un errore perchè la seconda sonda lambda è importante quanto la prima se non addirittura di più.
Vediamo perchè.
Abbiamo scoperto, in una altra discussione dal titolo (sonde lambda e catalizzatore), come la sonda lambda precatalizzatore serva alla centralina per regolare la carburazione del motore e far funzionare bene il catalizzatore.
Riassuntino.
La sonda lambda informa la centralina quando la carburazione è grassa e la centralina comincia a smagrire.
Una volta che la carburazione è magra la centralina comincia ad ingrassare la carburazione.
Questo palleggiamento serve per tenere la carburazione attorno ai valori stechiometrici ottimali e a far funzionare al meglio il catalizzatore.
Ma il catalizzatore con il tempo si può deteriorare e non svolgere più il suo compito.
Abbiamo visto che durante la fase di magra il catalizzatore accumula ossigeno(oxigen storage) che utilizza nella fase di grassa per ossidare gli incombusti e il monossido di carbonio.
Quando il catalizzatore invecchia perde la capacità di immagazzinare ossigeno per cui quest’ultimo passa nei gas di scarico seguendo un ritmo simile a quello in ingresso, ovvero molto ossigeno (fase di magra) e poco ossigeno (fase di grassa). Quanto più invecchia il catalizzatore quanto più i gas e l’ossigeno in uscita assomigliano sempre di più ai gas in ingresso.
A questo punto la centralina si accorge che il catalizzatore è andato ed accende la spia MIL con errore P0422 (Main Catalyst Efficiency, Below Threshold).
La seconda sonda lambda serve appunto per controllare il catalizzatore ed è obbligatoria dalle EURO3 in poi.
Analizziamo il comportamento.
Mentre la sonda lambda precat oscilla con regolarità tra valori compresi fra 0,2 e 0,9 volts rispecchiando le oscillazioni che compie la concentrazione di ossigeno nello scarico, la seconda sonda lambda rimane pressochè fissa o oscillando molto lentamente tra valori compresi tra 0,6 e 0,8 volts. Questo sta a significare che dopo il catalizzatore di ossigeno libero ce ne è rimasto poco e quindi tutto è stato usato per degradare le sostanze nocive.
Tutto sembra finire qui, ma in realtà il bello(e l’importante) deve ancora venire.
Abbiamo visto come la sonda lambda precat serve a controllare la carburazione, specialmente in close loop, ovvero quando la centralina ECU della macchina usa la sonda lambda per ottimizzare la carburazione. Questo si chiama close loop corto del controllo della carburazione. Ma questo palleggiare veloce non è molto preciso e la centralina deve fare i salti mortali per starle dietro. A questo punto la centralina ha anche un controllo chiamato close loop lungo che usa le lente oscillazioni della sonda postcat per aggiustare finemente la carburazione e la mappa di iniezione ovvero i fuel trim.
Quando abbiamo visto i fuel trim, abbiamo visti che si sono i correttori brevi o veloci che oscillano abbastanza velocemente e ci sono i correttori lunghi o lenti che invece variano con una lentezza maggiore.
Bene, i correttori brevi fanni riferimento soprattutto, ma non solo, alla sonda precat, i correttori lenti fanno riferimento soprattutto, ma non solo, alla sonda postcat.
Se i valori della sonda postcat rimangono bassi(diciamo attorno a 0,6 volts) vuol dire che c’è rimasto molto ossigeno quindi la carburazione è magra, viceversa se i valori sono alti(attorno ai 0,8 volts) vuol dire che la carburazione è grassa.
E la centralina piano piano si adatta alla situazione.
Questo apre tutta una serie di considerazioni interessanti.
Primo. Se la sonda postcat funziona male anche la carburazione alla lunga ne risente.
Secondo. Se il catalizzatore funziona male anche la carburazione ne risente.
Mentre nelle EURO2 che il catalizzatore ci sia o meno e che funzioni bene o male non interferisce con la carburazione, dalle EURO3 in poi il catalizzatore influisce e non poco sulla carburazione.
Questo vuole anche dire che se uno vuole eliminare il catalizzatore(cosa proibita e punita pesantemente dalla legge) della EURO2 non deve fare altro che rimuoverlo e vivere contento finchè la polizia non gli sequestra la macchina, nella EURO3, e successive, togliere il catalizzatore (in attesa del sequestro del mezzo) richiede una sofisticatissima operazione di emulazione della seconda sonda lambda pena prestazioni non ottimali del motore. Addirittura usando opportuni emulatori regolabili è possibile cambiare la carburazione della macchina solo variando i valori di uscita dell’emulatore della seconda sonda lambda. Impostando l’emulazione con valori magri sempre attorno a 0,6 volts(ovvero obbligando la centralina ad ingrassare forzatamente), cavando il catalizzatore e il filtro dell’aria la vettura, con poca spesa, mette insieme una grinta niente male. Niente di eccezionale, ben inteso, ma comunque avvertibile.
Torniamo a cose più utili e soprattutto regolamentari.
La seconda sonda lambda della Niva è una normalissima sonda a 4 fili(due bianchi, che sono il riscaldatore, uno grigio, che è la massa, ed uno nero che è il segnale)da 0-1 volts come quella precat tanto che in caso di rottura si può tranquillamente sostituire con una sonda precat tagliando i fili e stagnando i fili vecchi e nuovi rispettando i colori, operazione obbligatoria perchè le due spine sono diverse.
Come controllare la seconda lambda.
La seconda lambda si controlla con il solito scanner da OBDII.
Impostando nel controllo parametri banco 1 sonda 2 si controlla come va.
Ovviamente a differenza della prima lambda non ci sono tempi di risposta grasso-magro e tempi di palleggio. In genere deve fluttuare con una frequenza di 1 ciclo ogni 60-80 secondi attorno a valori compresi fra 0,6 e 0,8 volts.
Se la fluttuazione è più frequente(1 ciclo ogni 10-15  secondi) e la tensione tende a calare di valore (ovvero 0,4-0,6 volts) vuol dire che il catalizzatore sta per esaurirsi. Tanto più il catalizzatore si esaurisce tanto più la seconda sonda ha un comportamento simile alla sonda precat.
Il riscaldatore deve avere una impedenza a caldo di 8-13 ohm.
Accortezze particolari non ce ne sono.
Essendo dopo il catalizzatore eventuali inquinanti(piombo, silicone, glicole etilenico etc etc) si fermano prima nel catalizzatore e agiscono sulla seconda sonda solo quando il catalizzatore è rotto od esaurito.
Attenzione come sempre agli urti, non deve cadere mai, ma anche ai fili, perchè essendo dopo il catalizzatore si trovano spesso a subire strappi da parte di rami, rocce etc etc specialmente se si fa del fuoristrada impegnativo.
Insomma, vogliamo bene anche alla bistrattata e dimenticata seconda sonda lambda che fa bene il suo lavoro consentendoci di guidare inquinando e consumando meno.
Buona seconda lambda a tutti.

Oggi parliamo di……Sonda Lambda (e secondariamente del catalizzatore)

di Alessandro Ancarani

Iniziamo subito con una precisazione.
“Oggi parliamo di sonda lambda” è un eufemismo.
Meglio sarebbe dire “quest’anno parliamo di sonda lambda”, tanto è smisurato l’argomento.
Sonde lineari, al tantalio, allo ziconio, a banda larga, UEGO, 0-1 volts, 0-5 volts, a un filo, a quattro fili, con riscaldatore, senza riscaldatore etc etc.
Ma visto che siamo nivisti parleremo di quelle che ci riguardano ovvero le sonde allo zirconio, 0-1 volts a quattro fili.
Che cosa è la sonda lambda?
La sonda lambda è una specie di naso che analizza i gas di scarico.
Ma non è che annusa tutto, annusa solo l’ossigeno, che per il nostro naso è quello che, per ironia della sorte, ha meno odore di tutti.
A cosa serve la sonda lambda?
Torniamo indietro.
Anzi molto indietro.
Nelle vetture moderne per ridurre le emissioni inquinanti si monta il catalizzatore che serve ad abbattere la stragrande maggioranza delle sostenze nocive.
Il tipo di catalizzatore più usato, anche sulla niva sia Spi che Mpi, è quello a tre vie.
Cosa vuol dire a tre vie?
Tre vie non vuole dire che ha tre tubi, cosa che molti credono(e non sto scherzando, anzi ci rimangono male quando scoprono che di tubi ce ne sono solo due uno di entrata ed uno di uscita)ma che tratta tre tipi di inquinanti.
Queste sostanze sono la CO, gli NOX e gli HC.
La CO è il monossido di carbonio, gli NOX sono gli ossidi di azoto e gli HC sono gli idrocarburi incombusti.
La CO (monossido di carbonio) è il risultato della combustione incompleta del carbonio che invece di arrivare allo stato finale di CO2 (anidride carbonica) si ferma ad uno stadio di parziale ossidazione.
La CO è molto pericolosa, per gli esseri viventi come l’uomo, perchè si fissa stabilmente con l’emoglobina dei globuli rossi del sangue impedendo il normale trasporto di ossigeno. Se in quantità elevata il soggetto muore per soffocamento ne più ne meno come se venisse strangolato.
Gli NOX sono gli ossidi di azoto. L’azoto(normale componente dell’aria che respiriamo nella percentuale dell 80%) può avere diverse configurazioni. In pratica gli ossidi di azoto(o anidridi dell’azoto) a contatto con l’acqua contenuta nell’atmosfera diventano acidi(acido nitrico, nitroso etc).
Queste sono sostanze molto corrosive e nocive per il nostro apparato respiratorio oltre che per l’ambiente(avete presente le statue delle grandi città che hanno il naso e le dita corrose?)
Ultimi, ma non meno pericolosi sono gli HC ovvero le molecole di idrocarburi che non sono state bruciate completamente. Sono sostanze molto reattive che interagiscono con il nostro corpo in una moltitudine di modi ma sempre creando danni strutturali oppure formando sostanze carcinogene(tumorali).
La quantità di queste sostanze nei gas di scarico dei motori endotermici varia in funzione della combustione.
Se la combustione avviene in mancanza di ossigeno(carburazione grassa) si formano maggiori quantità di CO e HC. Se la carburazione avviene in eccesso di ossigeno si formano molti NOX(classico dei motori diesel che sono combustioni sempre in ecceso di ossigeno). Come eliminare queste sostanze che sono normali prodotti della combustione dei motori endotermici?
Ci pensa il catalizzatore. La centralina fa oscillare la carburazione continuamente attorno al valore stechiometrico di 14,5/1 ovvero oscilla tra una situazione di leggermente grasso ad una di leggermente magro.
Durante la fase di carburazione magra il motore produce molti ossidi di azoto che giungono nel catalizzatore e vengono scissi in azoto molecolare N2 ed ossigeno O2 che viene trattenuto nel catalizzatore (azione di oxigen storage del catalizzatore). Durante la fase di carburazione grassa il motore produce molta CO(monossido di carbonio) ed HC(idrocarburi incombusti). Questi arrivano nel catalizzatore dove assorbono l’ossigeno immagazzinato(oxige storage) durante la fase di carburazione magra.
Il risultato finale è che gli ossidi di azoto vengno trasformati in azoto molecolare come l’80% dell’aria che respiriamo, la CO(monossido di carbonio) viene ossidata ad anidride carbonica come quella che c’è nell’aria che espiriamo dai polmoni, gli HC vengono ossidati in acqua e anidride carbonica.
Alla fine del processo di tutte le sostanze dannose che arrivano al catalizzatore rimangono solo azoto molecolare, anidride carbonica ed acqua. Che sono assolutamente innocue rispetto ai prodotti in entrata.
Ma il meccanismo funziona solo se la carburazione è stechiometrica ovvero l’aria, il comburente, è in proporzioni ottimali rispetto al carburante o meglio oscilla strettamente attorno al valore stechiometrico che per i motori a benzina è di 14,5 a 1(14,5 parti di aria per 1 parte di benzina).
E qui entra in azione la sonda lambda.
La sonda lambda è formata(per schemi) da due elettrodi di platino separati da un elemento di zirconio.
Un elettrodo è a contatto con l’aria atmosferica, l’altro con i gas di scarico.
Maggiore è la differenza tra la concentrazione dell’ossigeno interno ed esterno, maggiore è la corrente prodotta.
Per cui quando la carburazione è magra e nel gas di scarico c’è tanto ossigeno rimasto dalla combustione il voltaggio della sonda è basso prossimo allo zero. Quando la carburazione è grassa, e nei gas di scarico di ossigeno ce ne è poco, la differenza di concentrazione dell’ossigeno con l’aria atmosferica è grande, quindi gli elettrodi della sonda generano una tensione elevata, di valore massimo 1 volts. Per cui in sintesi: 0 volts -> carburazione magra; 1 volts -> carburazione grassa.
La centralina (ECU) della vettura fa continuamente questo lavoro, sente che la carburazione è magra(voltaggio prossimo allo zero)ed allora ingrassa, dopo sente che la carburazione è grassa(voltaggio prossimo a 1 volts) ed allora smagrisce. E cosi con una frequenza di 2-3 volte al secondo.
Per funzionare al meglio (o meglio per funzionare) la sonda allo zirconio deve lavorare a temperature di 300-400 gradi. Per ridurre il tempo di attesa di entrata in temperatura e mantenerla costante, nonostante le variazioni termiche create dall’esercizio del motore, la sonda è dotata di un riscaldatore elettrico formata da una resistenza.
Quanto prima la sonda si scalda, quanto prima inizia a lavorare, quanto prima inizia a ridurre le emissioni nocive.
Come è fatta la sonda lambda della Niva?
La sonda lambda della niva Mpi(quella prima del catalizzatore) è una specie di grosso bullone(chiave del 24) avvitata sul tubo di scarico prima del catalizzatore. Ha 4 fili. Due fili bianchi, che sono i fili per la resistenza del riscaldatore della sonda, un filo grigio che è la massa ed un filo nero che è il segnale emesso dalla sonda.
La Spi è uguale alla sonda della Mpi solo che ha i colori dei fili diversi (due fili marroni che sono per il riscaldatore e corrispondono ai due fili bianchi, un filo viola che è il segnale ed è uguale al filo nero, un filo beige che è la massa ed è uguale al filo grigio).
Tenendo conto di questa corrispondenza tra fili:
bianco -> marrone
bianco -> marrone
nero -> viola
grigio -> beige
le due sonde, per la Mpi e Spi sono perfettamente compatibili ed interscambiabili.
Controllo della sonda lambda.
Il massimo sarebbe avere lo strumento NTS della Lada.
Ma basta anche il solito scanner da OBDII.
Selezionata la sonda lambda precatalizzatore, in genere segnata come sensore banco 1 posizione 1, vedere come oscilla, ovvero che tensione da. In genere oscilla tra 0.2 <-> 0-8 volts con una frequenza di circa 2-3 volte al secondo.
Se la sonda non oscilla e rimane costante a 0.4 <-> 0.5 volts oppure si pianta stabile a 0 volts oppure a 1 volts è segno che la sonda è andata.
Con la vettura in marcia la sonda deve segnare 0 volts nei rilasci per balzare a 0,8 volts negli affondi.
Se non fa nulla di tutto ciò vuol dire che la sonda non funziona.
Molti scanner da OBDII(direi tutti) hanno anche la funzione di diagnosi della sonda e la misura dei parametri e le specifiche vengono controllate in automatico. Finita la diagnosi, ovvero pochi secondi, lo strumento dice se la sonda va bene o va male.
Ma un controllo visivo diretto di come oscilla la sonda è più professionale.
Leggermente più difficile vedere come funziona il riscaldatore della sonda.
In genere basta vedere il valore della resistenza del riscaldatore.
Con il suo strumento NTS Lada è un valore visibile sullo schermo, lo strumento OBDII non contempla questa misura.
Come fare?
Basta staccare la spina della sonda lambda e con un tester da elettronica controllare, a sonda calda, che tra i fili bianchi ci sia una resistenza di 8-13 Ohm.
ATTENZIONE ALLE SCOTTATURE QUANDO SI FA QUESTA PROVA.
Per cui meglio lo strumento NTS Lada.
In ogni caso bisogna anche dire che è una diagnosi secondaria, perchè se la sonda funziona male poco importa se è colpa degli elettrodi di platino o del riscaldatore. Non essendo smontabile e quindi riparabile la sonda va cambiata in toto.
Cosa danneggia la sonda lambda.
La sonda lambda è uno strumento abbastanza delicato.
Per primo la sonda può essere danneggiata da colpi ed urti che rompano la parte in zirconio e l’involucro della sonda.
Per cui male non fa maneggiarla con prudenza evitando che cada per terra.
Seconda cosa pericolosa per la sonda sono gli inquinanti chimici.
Gli elettrodi di platino e la parte in zirconio male tollerano i metalli pesanti per cui la benzina con il piombo tetraetile(la vecchia super per fortuna non più disponibile al distributore) mette fuori uso la sonda in poco tempo rivestendo l’elettrodo di platino di una patina di piombo.
Si dice che la sonda è avvelenata.
Stessa cosa fanno i sigillanti al silicone(se non specificatamente studiati e che riportano sulla confezione che non danneggiano la sonda).
Attenzione anche al liquido di raffreddamento che in caso di rottura della guarnizione della testata può finire nel tubo di scarico.
Perdite importanti di olio dai segmenti, dalle guide valvole etc possono sporcare la sonda ostruendo con depositi carboniosi le feritoie che fanno passare il gas verso l’interno della sonda dove sono gli elettrodi di platino.
Per ultimo ricordarsi, quando si monta la sonda, di stringerla poco. Altrimenti con l’uso, il calore dei gas di scarico e la ruggine, si salda nella sede nella quale è avvitata(ovvero grippa la filettatura) e diventa impossibile svitarla. Nessun problema per i contatti elettrici in quanto la sonda a 4 fili possiede già di suo le masse(uno dei fili bianchi è la massa del riscaldatore, il filo grigio è la massa degli elettrodi di platino) e quindi non ha bisogno di essere stretta molto per fare massa. Fine di questa chiacchierata sulle sonde lambda, rimane l’amarezza di aver trattato un argomento vasto come questo con la superficialità di uno che interrogato dopo aver letto un trattato sulla Seconda Guerra Mondiale risponda solo che parla di gente che sparava, consola invero un pochino il fatto che nessuno scrivendo sia riuscito a descrivere il sapore del gelato di crema.

Oggi parliamo di……Knock Sensor

di Alessandro Ancarani

Nella NIVA Mpi il Knock Sensor ovvero il “sensore battito in testa” è, visivamente, una specie di grosso bottone, avvitato sul monoblocco lato collettore di scarico ed alimentato con due fili.
E’ un sensore piezoelettrico che genera un impulso quando percepisce una vibrazione di una certa frequenza.
Questa frequenza è quella di una pre accensione o battito in testa.
Torniamo alle origini.
Per funzionare al meglio, il motore necessita che la miscela aria/benzina venga incendiata PRIMA del punto morto superiore perchè, considerando il tempo di latenza tra accensione e vera e propria combustione, passa un po’ di tempo.
La accensione avviene alcuni gradi di rotazione dell’albero motore prima del punto morto superiore al fine di evere la massima combustione quando il pistone inizia la fase discendente. Se l’accensione avviene troppo presto la combustione avviene prima che il pistone sia al punto morto superiore creando una contropressione che contrasta con il moto del pistone.
Questa preaccensione è il battito in testa.
Cosa dannosissima perchè genera delle pressione elevatissime e delle temperature non previste per l’ottimale funzionamento del motore.
Viceversa se l’accensione avviene troppo tardi si rischia che il pistone sia già molto oltre il punto morto superiore ovvero sia in basso nel cilindro con l’inevitabile conseguenza che l’energia viene sfruttata male, al limite si apre la valvola di scarico prima che il gas sia completamente espanso e l’energia se ne va per lo scarico. L’ottimale è quando la miscela aria benzina brucia in maniera tale da scaricare tutta l’energia sul pistone cosa che non avviene se la miscela si incendia o troppo presto(battito in testa) o troppo tardi.
Questo problema è sempre stato molto sentito in campo motoristico.
Agli arbori dell’automobile la variazione dell’anticipo avveniva manualmente. Se si guardano i vecchi film con Stanlio ed Ollio si vede che in mezzo al volante c’è una specie di levetta. Quella levetta serviva per variare l’anticipo. Il guidatore ad orecchio aumentava o diminuiva l’anticipo secondo i giri del motore o lo sforzo(salita o discesa).
Che non era certo una comodità. Immaginate di affrontare una curva e oltre a frenare, curvare e scalare le marce, dover variare l’anticipo!!
In seguito, per migliorare le cose, lo spinterogeno fu dotato di un sistema automatico costituito da un polmoncino con una membrana che, in funzione della depressione del collettore di aspirazione, variava, con una serie di leveraggi, la posizione delle puntine rispetto alla camma dello spinterogeno. Sistema in uso fino a poco tempo fa sulle vetture a carburatore, compresa la Niva 1600.
Ma il meccanismo è poco preciso. Le membrane del polmoncino si possono rompere, i leveraggi si possono usurare ed acquisire del gioco, e poi la depressione del collettore non è uno strumento preciso per determinare la reale richiesta di potenza del motore e del suo regime di rotazione.
Per potere contenere le emissioni e ridurre i consumi sono nate le centraline elettroniche che tra le varie funzioni, come calcolare la benzina da bruciare e la sua miscelazione con l’aria, calcolano anche al meglio il grado di anticipo della accensione della miscela aria/benzina.
Come fa la centralina a calcolare il grado di anticipo?
Usando una mappa simile a quella dell’iniezione benzina. La centralina sa che a un dato regime di rotazione ed una data aspirazione di aria deve anticipare l’accensione di un tot di gradi. Ma siccome la composizione della benzina può non essere sempre uguale, come la sua miscelazione con l’aria, dopo aver stimato i gradi di anticipo controlla se questi gradi sono giusti.
E lo fa con il sensore battito in testa o Knock Sensor.
Ad ogni battito in testa viene generata un onda d’urto di una determinata frequenza che fa vibrare il cristallo piezoelettrico del sensore che a sua volta genera un impulso che viene registrato dalla centralina. Se la centralina sente che il motore batte in testa riduce i gradi di anticipo.
Anzi fa meglio. Impostato un grado di anticipo approssimativo in funzione dell’utilizzo del motore, la centralina comincia ad anticipare l’accensione finchè non sente che il motore inizia a battere in testa. A questo punto diminuisce l’anticipo finchè il battito anomalo scompare. A questo punto riinizia ad anticipare finchè non ricompaiono i battiti e cosi via.
La centralina ininterrottamente anticipa, sente i battiti in testa, riduce l’anticipo, i battiti scompaiono, ritorna ad anticipare e cosi all’infinito.
In questa maniera il grado di anticipo è sempre ottimale.
Ovviamente i battiti in testa del motore sono pochi e di piccola entità tanto che il guidatore neanche se ne accorge, ma la centralina attraverso il sensore di battito(Knock Sensor)se ne accorge benissimo e si regola di conseguenza.
Il Knock Sensor è per l’accensione quello che è la sonda lambda per la qualità della combustione.
Ora appare ovvio che se il Knock Sensor funziona male l’anticipo non viene regolato bene. E’ chiaro che, come detto sopra, se il Knock Sensor funziona male la centralina usa una mappatura base di anticipo per cui si avvicina abbastanza bene ai gradi di anticipo richiesti, ma non sarà mai precisa come con il sensore di battito funzionante ed efficiente.
Quindi il sensore battito in testa anche se non fa fermare la vettura è uno strumento essenziale per avere il massimo rendimento del motore, emissioni contenute e consumi ridotti.
Come diagnosticare il Knock Sensor.
Purtroppo la diagnosi del Knock Sensor non è possibile con strumenti standard come lo scanner da OBDII.
E’ necessario lo strumento originale NTS della LADA.
L’unica attenzione è che se si accende la spia MIL a forma di motore ed alla diagnosi viene riportato il famelico errore P0327 (Knock Sensor, Low Input) oppure il P0328 (Knock Sensor, High Input) bisogna intervenire e cambiare il sensore.
L’unica consolazione è che il Knock Sensor è un sensore abbastanza robusto ed il suo malfunzionamento è un guasto abbastanza raro; salvo problemi sulla spina del connettore che però è anche lei è abbastanza robusta.
Viva il Knock Sensor, potenza a volontà (si fa per dire) e bassi consumi.